Le previsioni per il 2026 confermano questa tendenza, con la richiesta di petrolio che è attesa salire fino a 105,5 milioni. E il picco non arriverà prima del 2050 (le precedenti stime di agenzie internazionali parlavano di massimo della domanda nel 2030), quando il consumo dovrebbe raggiungere 113 milioni di barili al giorno.
Nonostante le nuove sanzioni contro Mosca da parte di Usa ed Ue per la guerra in Ucraina, entrate in vigore tra ottobre e novembre 2025, la Russia ha mantenuto una produzione invariata rispetto ai valori storici: intorno ai 10 milioni. Stabili anche le sue esportazioni, a 5 milioni. Perché? Dal 2022, il Cremlino ha riorganizzato l'export di greggio russo Urals, “delocalizzato” dall'Europa verso i Paesi che non hanno applicato le ammende. In particolare l'India ha raddoppiato le importazioni. Prezioso l'utilizzo di una “flotta ombra” che ne ha reso difficile il monitoraggio: una rete clandestina di petroliere e navi mercantili per aggirare le penalità. Il fenomeno crea una significativa opacità sul reale surplus del mercato petrolifero internazionale, con un impatto sul sistema di raffinazione, visto che gli impianti extra-UE si sono sostituiti a quelli europei.